Io sono una persona un sacco occupata e indaffarata, l'avrete capito dal fatto che questo blog non si aggiorna da svariati mesi, ma attenzione, sono sempre attento e sensibile a ciò che succede nel mondo, attorno a me, attorno a voi.
È per questo che ogni mattina, mentre mi trovo in riunione al lavoro, faccio finta di chiamare un cliente importante e mi metto il cellulare all'orecchio per sentire le notizie del giorno. Riesco a farlo perché ho allestito un server a casa dove ci gira sopra uno script, un programma, che sfrutta la voce elettrica del traduttore di Google e mi legge la timeline di Twitter di fila. In sostanza, mi basta chiamare il server col cellulare per sentire i tweet in totale discrezione.
In questo modo rimango informato anche mentre lavoro e tutti mi dicono "sai, tu sei una persona che sa davvero ascoltare gli altri" (ci credo, sto zitto al telefono per mezz'ora di fila con l'espressione contrita e riflessiva). Oh, l'importante è che nessuno si lamenti, e non lo faranno finché me ne starò buono buono. Chissà se è per questo che i colleghi mi chiamano "profu" in modo amichevole — non so se sia perché nel loro immaginario i profughi sono gente che sta zitta e non fiata o perché alludono al mio aspetto da babbuino e agli stracci di merda che mi metto addosso. Non posso certo biasimarli, l'unico oggetto di valore che porto tra i miei vestiti è l'iphone in tasca che mi ha regalato lo Stato Italiano appena sbarcato. Portavo! Mi correggo, perché in Italia c'è troppo razzismo e l'iPhone mi tocca lasciarlo a casa; ora per strada vado in giro con un cazzo di Motorola Startac del 1996, così sono tutti contenti.
Ma dicevo, i tweet letti all'orecchio, sì: la cosa bella del mio script è che posso scegliere di ascoltare la timeline di qualsiasi profilo, ne scelgo uno e ascolto solo i suoi post. Mi piace farlo quando l'utente tratta un argomento che mi sta a cuore. E ultimamente mi sta molto a cuore tutta questa faccenda del cyberspionaggio internazionale e le tecniche paramilitari che conducono gli hacker russi con strutture o reti di cyberpropaganda disegnate a tavolino, non so se ne avete sentito parlare.
Beh, questa è la ragione per cui una mattina di qualche giorno fa ho scelto di farmi leggere all'orecchio il profilo twitter di Jacopo Iacoboni, noto giornalista de La Stampa.
Quel giorno per poco non perdo il lavoro.
I social sono ormai costantemente "weaponized", con tecniche di origine industrial-militare. L'Italia non credo sia diversa
— jacopo iacoboni (@jacopo_iacoboni) May 9, 2017
Il fatto è questo: ogni volta che lo script finisce di leggere i tweet, io attacco il telefono e mi chiedono cos'ha detto il cliente (o il capo, o il pizzaiolo chennesò, venerdì scorso ho fatto finta di chiamare per ordinare da mangiare a pausa pranzo; siamo rimasti a patire la fame. Ho incolpato "quel fattorino di merda", poraccio. I colleghi volevano scrivere una recensione negativa sulla bacheca facebook della pizzeria per farlo licenziare, ma li ho convinti a non farlo dicendo che avrei chiamato la pizzeria nel pomeriggio. Ovviamente nel pomeriggio ho solo chiamato il mio server, ma ho avuto l'accortezza di usare l'espressione contrita e basta; non c'è niente da riflettere quando un fattorino di merda non ti porta da mangiare).
Comunque, questa volta è andata diversamente: dopo aver ascoltato i tweet di Iacoboni attacco il telefono e mi domandano "embè, che ha detto?" e io resto zitto. Zitto col sudore freddo in fronte. "Ao che cazzo ha detto, pare che te sei visto un fantasma e parla!". E pareva un fantasma sì cazzo, pareva il fantasma che ho sempre avuto di fronte e solo Iacoboni era riuscito a farmi vedere.
Non so voi, ma per me sta storia degli hacker russi è terribile. Ma voi lo sapevate che c'è una Struttura in rete «non randomica» e che oggi l'Italia è «il terreno di un esperimento, che è a un tempo geopolitico, e cibernetico militare»? Queste storie vanno prese molto seriamente.
@elenagpolidori. Anche adesso..se non lo traduci in italiano!— Gabriele Cane' (@GabrieleCane1) 26 maggio 2017
Dopo aver sentito i suoi tweet la mia mente incomincia a viaggiare, però non è un viaggio mistico o lisergico, è invero un viaggio lucido e sincero. Un trip iacobonesco, in cui finalmente capisco tutta la guerra cybernetica in corso, in cui vedo i rischi da cui Iacoboni vuole metterci in guardia.
Il problema è che finito il viaggio mi trovo il capo davanti, mi sta urlando in faccia, vuole sapere cosa cazzo ha detto il cliente e io questa volta non so cosa inventarmi. Sono spaventato, sono preoccupato e questo continua a chiedere "cos'ha detto cos'ha detto"; mi scoppia la testa, sento freddo e devo reagire, devo dire qualcosa, basta nascondere la verità.
«allora, vuoi sapere cos'ha detto cos'ha detto... ha detto cose importanti, dammi un'attimo - bevo un sorso d'acqua -, non ricordo tutto però ok? Insomma ha detto che "hanno creato dei tool, società che nascono e muoiono, ad hoc" poi ha domandato se "in Italia qualcuno ha creato un sistema di società (magari pubblicitarie) non chiaramente riconducibili ad unum?" insomma parlava di "estrazione dati. Profilazione. Black propaganda su social trasformati in armamenti, con tecniche paramilitari. Sistemi di società servono poi a occultare tutto, compresi i flussi di soldi, e le loro fonti originarie"»
Lì per lì rimangono tutti un po' spiazzati.
- Estrazione dati? Occultare tutto? Parla di quel virus che ti cripta tutto? Cioè sono stati hackerati??
Io non rispondo più perché entro in uno stato catatonico.
Questi intanto si cagano in mano.
Disperano.
Insomma, per una azienda che gestisce i siti web più importanti di tutta italia, compresi i siti delle banche e dei giornali, essere a rischio di un virus che metta a repentaglio i tuoi dati e quello dei tuoi clienti ti manda il cervello in paranoia totale, è comprensibile, sopratutto se per colazioni prendi un frullato proteico con un pizzico di cocaina e ketamina (cosa normale nel nostro ufficio, visti i ritmi di lavoro paragonabili a quelli della redazione di Fanpage). Oltretutto io, ancora stralunato per le verità svelate da Iacoboni, ero convinto che il loro panico fosse il mio panico, che forse anche loro avessero compreso la gravità delle parole del giornalista de La Stampa, e quindi non ho capito che stavano per buttare giù tutti i server impauriti di essere a rischio virus Wannacry.
"Ma questo è gravissimo" mi dice il capo. Io non riesco a fare altro che annuire. Loro intanto procedono. Buttano giù tutto, senza un backup, staccano i server, buttano giù i siti delle banche, perdono circa 50 clienti. Perdono le transazioni, tutti gli articoli in cache ancora non salvati sui siti dei giornali. Tutto.
Voi penserete che questa sia una storia finta e che non ho le prove. Me l'aspettavo, quindi ho craccato la telecamera che hanno messo nell'ufficio. Qui sotto troverete le riprese di quel giorno, proprio nel momento in cui ascolto i tweet di Iacoboni (ho inserito anche l'audio. Sappiate scusare gli errori, lo script è ancora acerbo e ogni tanto ripete alcune parole o salta qualche tweet):