Nove anni fa, nell'Aprile 2007 ci fu un dibattito a Londra a causa di un muro di Banksy cancellato "per sbaglio". Un lavoratore della London for Transport ridipinse completamente di nero il muro in cui Banksy aveva raffigurato una scena di Pulp Fiction con delle banane al posto delle armi.
Sebbene il comune si fosse indignato assieme ai cittadini ammettendo l'errore, e cercando scuse come "avevamo chiesto che rimuovessero altri graffiti, non quello di Banksy", la London for Trasport (la loro ATAC, per capirci) non si è fatta scrupoli nel rivendicare l'accaduto e, anzi, ha dichiarato tramite il suo portavoce che rimuovere il graffiti era necessario poiché "creano un'atmosfera di abbandono e degrado sociale che incoraggia il crimine".
Vi ricorda qualcosa?
Hanno anche affermato che non avevano intenzione di cambiare politica perché garantivano un sistema di trasporto "piacevole e sicuro" per i suoi passeggeri, ed hanno concluso dicendo che il loro team è composto da "professionali esperti di pulizia, non critici dell'arte"
Nove anni dopo a Milano è successo questo:
Maggio 2015. Volontari ReTake e Associazione Nazionale Antigraffiti ripuliscono strade e monumenti della città in via Cesariano e piazzetta Santissima Trinità. Polemica tra i residenti e i volontari sulla cancellazione del murale di Pao, donato al quartiere e all'area giochi dei bambini.Il writer Pao non è certo Banksy, ma in modo speculare all'episodio di Londra il comune ha chiesto scusa, mentre le squadre di "pulizia anti-degrado" hanno rivendicato le loro azioni perché legali e si sono anzi lamentate del fatto che il comune abbia riaffidato il muro a Pao perché faccia un nuovo muro.Fonte:Corriere.it
Di fatto la prassi delle squadre anti-degrado direi è questa: pulire senza domandare, bramare pulizia e decoro senza riflettere né sulle cause, né sulle conseguenze delle loro azioni.
La volontaria che vedete discutere col residente non è certo una critica d'arte, ma non è neppure una improvvisata. Si chiama Paola Stringa e lavora niente meno che per il consiglio regionale della Lombardia, è giornalista e docente di marketing ed ha pubblicato alcune opere tra cui "lo spindoctoring e le strategie di comunicazioni politiche" (Carocci). Non a caso è stata lei a scrivere la lettera in cui rivendicavano le loro azioni.
Paola Stringa, dalla sua bacheca pubblica di facebook dimostra una spiccata sensibilità alla sua lotta anti-graffiti:
Uno studio che l'Associazione mette a disposizione delle istituzioni che si devono occupare di contrastare questo fenomeno. A questi livelli, tutto italiano
Posted by Paola Stringa on Giovedì 24 luglio 2014
L'articolo linkato parla di un rapporto a carico della "Associazione nazionale antigraffiti" che delinea il profilo dei writer milanesi, giungendo a conclusioni del tutto inquietanti. Si riconosce nei writer del talento artistico, ma si augura di indirizzare i talenti verso "forme di espressioni legali". Una posizione del tutto reazionaria nel vero senso del termine.
Questa prassi è collegata fortemente ad una teoria sociologica a lungo discussa: La teoria delle finestre rotte.
In breve, la teoria delle finestre rotte nasce nel 1982 dalla mente di due criminologi, sostiene che le persone sono più propense a commettere dei crimini in quartieri che sembrano poco controllati e poco curati dalle autorità e dai loro abitanti. Quindi una finestra rotta e non riparata fomenta crimini maggiori. Kelling, autore di tale teoria ha affermato nel 2006 che "i criminali sono incoraggiati dalla mancanza di controllo sociale", conferendo al degrado una proprietà transitiva molto discutibile.
In altre parole è una teoria anti-crimine secondo cui la lotta al crimine con la C maiuscola deve iniziare con la repressione dei crimini "minori".
Il problema è che, per quanto suoni strano, questa teoria fa molta presa sui cittadini. Funziona. È il grimaldello grazie al quale far breccia facile sulla popolazione. Intanto perché è comoda per i politici e per chiunque voglia trovare capri espiatori a basso costo, non a caso è stata riciclata dagli anni '80 pressapoco ovunque (famoso l'esempio di New York e la "tolleranza zero" nel '94), ed è stata anche parecchio contestata da altrettanti sociologi che si sono chiesti quanto possa aiutare, in fin dei conti, riparare una finestra rotta.1
Sarebbe un po' come affermare che chi oggi si fa uno spinello domani si farà di eroina... oh wait; vedasi Teoria del passaggio.2
Collegare il degrado urbano ai crimini maggiori anziché alla povertà (conseguenza di tali crimini) rende possibile associare un problema di apparenza e decoro urbano a quello della "sicurezza". Dopodiché, partendo da una premessa del genere, ci propongono di risolvere questi crimini minori per non fomentare un ulteriore clima malavitoso e insicuro per i nostri figli, si conclude che la soluzione consiste nel pulire la città, in ogni senso e con ogni mezzo.
A farci caso è la stessa logica dietro la quale a Milano le crew di graffitari vengono viste come "associazioni a delinquere" dalla giurisdizione italiana, paragonate niente meno che alla mafia. Una prassi che si sta espandendo in tutta Italia.
In sostanza, questo paradigma sta prendendo piede proprio per la sua efficacia retorica e perché, come spiega molto bene Giuliano Santoro, non è la prima volta che Roma cerca di criminalizzare i poveri con l'accusa del decoro, e se questa retorica funziona è dovuta allo sviluppo economico pregresso di città che hanno bisogno di urlare al "degrado" per giustificare i crimini che vanno al di là dell'apparenza.
1. Non di meno i critici più convinti dimostrano come questa teoria sia stata spinta dal procuratore Rudolph Giuliani nel '92 per la campagna elettorale a sindaco di New York che poi avrebbe vinto. Giuliani non solo ha fatto sua questa filosofia, ma è stato accusato di averla ricamata con un gergo di matrice razzista e reazionaria sostenendo per la prima volta che i mendicanti e i lavavetri ("panhandlers and squeegee men") non fossero solo un fastidio ma fossero dei "criminali".
2. alla quale oggi abbiamo leggi anti-droga che non vedono differenze tra droghe leggere e pesanti.