Torno a casa ora dall'università, è da due giorni che assisto a discussioni sulla sfiducia e sul da farsi in assemblee improvvisate e piene di pretese. Non importa se ce l'hanno messo in culo. Non importa se i nostri corsi, nel tempo, si sono ridotti e noi non siamo preparati come coloro che studiavano 6 anni fa. Non importa se ora potrebbero approvare la riforma Gelmini a breve. No, bisogna discutere se fare qualcosa di pacifico, se chiedere scusa per il disaggio provocato alla cittadinanza quando facciamo un corteo.
E allora, forse perché le mie sentenze tendono ad essere radicali, inizio a dirli che mi fotto del loro buonismo e della loro pretesa apolitica in una manifestazione che in realtà è schierata in partenza. Che una cosa è apolitico e un'altra è apartitico, e che è da incoerenti non voler vedere bandiere di un sindacato - un sindacato cazzo, non un partito - su una manifestazione, solo perché vogliono prendere le distanze. Quando in realtà, il camioncino, il megafono e tante altre cose gliele dà la CGIL.
Non sono italiano, insomma non sono nato in Italia, ma abito qui da un po', e mi interessa la politica in sé, per cui trovo che sia un bene interessarsi e partecipare un minimo nel posto in cui uno vive. Ma ieri proprio non ce la facevo a discutere con gente che non capisce, non capisce che a volte "quando il governo viola i diritti del popolo, l'insurrezione è per il popolo il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri". [ articolo 35 dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino].
E niente, dopo un po' mi allontano dall'assemblea perché devo studiare, perché se non fanno un cazzo e continuano a chiacchierare allora meglio che impieghi il mio tempo in cose più produttive. Intanto che assistiamo all'alba della terza Repubblica.
Aveva ragione Pasolini.
Alla mia Nazione, Pier Paolo Pasolini, 1959